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ACCADEMIA DI MEDICINA DI TORINO



Prima seduta scientifica dedicata all'amianto
14/5/2010 18:10
Venerdì 21 maggio 2010 alle ore 21, presso l’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18 (1° piano), si terrà la decima seduta scientifica dell'anno 2010 dell’Accademia di Medicina di Torino. Sarà la prima seduta dedicata all'amianto e patologie pleuro-polmonari. Due saranno le relazioni: “Un secolo di amianto: da minerale magico a polvere micidiale” del professor Benedetto Terracini (già professore di Epidemiologia dei Tumori presso l'Università di Torino e coordinatore del Comitato scientifico del Centro Amianto della Regione Piemonte) e “Meccanismi patogenetici delle patologie polmonari da amianto” del professor Dario Ghigo (professore ordinario di Biochimica del Dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Torino). Vi sarà inoltre la Commemorazione del professor Franco Mollo da parte del professor Guido Monga. Le sedute sono pubbliche. Info: www.accademiadimedicina.unito.it.
Sebbene in Italia dal 1992 (e nell’Unione Europea dal 1999) siano banditi produzione, commercio, importazione ed esportazione di ogni tipo di amianto e di prodotti contenenti amianto, a causa dei lunghi tempi di latenza delle malattie conseguenti ad esposizioni ad amianto, l’epidemia di asbestosi, tumori polmonari e mesoteliomi pleurici e peritoneali causati dall’amianto è tuttora in corso ed è destinata a prolungarsi, anche per i ritardi nello smaltimento dei materiali contenenti amianto. Si descriveranno i criteri che portano a stimare (prudentemente) che le morti per malattie da amianto in Italia siano almeno 2000 ogni anno ed il contributo a tale stima dei dati del Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM), dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’INAIL e dei risultati di studi ad hoc. Tra gli episodi di epidemie di mesoteliomi pleurici conseguenti ad esposizione non lavorativa (domestica ed ambiente generale), verrà descritta l’esperienza dei circa 100.000 residenti nella ex USL 76 (Casale Monferrato) del Piemonte, dove fino alla fine degli anni '80 è stato prodotto cemento amianto da parte della Eternit SpA. Si farà quindi riferimento ai limiti scientifici che incontrano gli sforzi per fornire un retroterra scientifico ai proponibili interventi di prevenzione delle malattie da amianto: criteri di definizione degli ex-esposti, sorveglianza sanitaria, screening oncologici, campagne antifumo ad hoc, conoscenza dei meccanismi biologici dell’azione cancerogena dell’amianto. Si concluderà proponendo per discussione alcuni argomenti metascientifici, la cronologia dell’acquisizione delle conoscenze sulla nocività dell’amianto a confronto con i tempi di adozione di misure di prevenzione, le cause della disparità, tra le nazioni, della legislazione sull’amianto, i conflitti di interesse nel mondo della ricerca e le condizioni per ritenere accettabili fondi di origine industriale per la ricerca. L’amianto (dal greco immacolato, incorruttibile) o asbesto (dal greco perpetuo, inestinguibile) in un mondo puramente tecnologico sarebbe il sogno di un produttore: più forte dell’acciaio ma flessibile, resistente ad attacchi di agenti chimici e biologici e all’abrasion. Ha notevoli proprietà come isolante termico e acustico, non conduce ed è altamente resistente al fuoco. Per questi motivi, dopo essere stato ottenuto in fibre per asportazione dalla roccia, l’amianto è stato utilizzato a lungo in oltre 3000 diversi tipi di manufatti industriali. Purtroppo lo stesso tipo di prodotto si è rivelato un agente molto tossico per la salute umana, responsabile di processi infiammatori (fibrosi interstiziale del polmone, placche pleuriche) e neoplastici (tumore polmonare, mesotelioma pleurico) a carico dei polmoni e della pleura. Se l’utilizzo dell’amianto è stato bandito dal nostro Paese così come in tante altre nazioni (ma non tutte, purtroppo), i suoi effetti continuano a perdurare, per diversi motivi, tra cui: la lunga latenza tra l’esposizione, anche indiretta e non lavorativa, e l’insorgenza di mesotelioma (30-40 anni) ed altre patologie correlate all’asbesto; il persistere nell’ambiente di numerosi materiali contenenti amianto ed il problema di come dismetterli in sicurezza quando essi vanno incontro a degradazione. I principali fattori che determinano la patogenicità dell’asbesto, benché ancora non completamente noti, sono condizionati da tre elementi: forma e dimensioni delle fibre, la loro biopersistenza e la loro reattività di superficie, in cui il contenuto in metalli, il ferro in particolare, ha un ruolo primario. Un elevato rapporto tra lunghezza e diametro delle fibre e una loro maggiore persistenza nei tessuti, dovuta all’incapacità dei macrofagi di allontanarle, condiziona una maggiore permanenza delle fibre a contatto delle cellule mesoteliali della pleura, delle cellule epiteliali degli alveoli e dei macrofagi polmonari stessi. La maggiore durata di contatto a sua volta aumenta la possibilità per le fibre di esercitare un’azione tossica sulle cellule, in cui è prevalente l’induzione di un danno ossidativo, mediante la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Questi ROS sono prodotti da diverse fonti: il ferro posto alla superficie delle fibre; la risposta infiammatoria innescata dalle fibre nel tessuto, che porta alla formazione anche di monossido di azoto, che insieme ai ROS provoca la formazione di ulteriori specie molecolari ossidanti e dannose; un’alterazione dell’attività mitocondriale ed infine una diminuzione della capacità della cellula di produrre agenti antiossidanti, come il NADPH e il glutatione. Questi eventi iniziali portano all’attivazione di recettori cellulari, di cinasi intracellulari e di fattori di trascrizione sensibili allo stress ossidativo. Inducendo la produzione di citochine e fattori di crescita, questi eventi portano, seppure in maniera ancora poco chiara, da un lato ad un’accelerata apoptosi (morte cellulare programmata) e ad uno stato di infiammazione cronica e di fibrosi e dall’altro ad una proliferazione neoplastica di cellule mesoteliali (mesotelioma pleurico maligno) o epiteliali (carcinoma polmonare). Un possibile contributo alla proliferazione neoplastica vedrebbe coinvolto il virus SV40, come agente cocancerogeno potenziante gli effetti dell’esposizione all’amianto. Il proliferare di nuovi prodotti nanotecnologici, pur non dovendo essere demonizzato, va affrontato con molta cautela e senso di responsabilità. Se da un lato le nanotecnologie possono aprire orizzonti molto vasti in diversi ambiti scientifici, occorre tenere presente che nanoparticelle come i nanotubi di carbonio (CNT) stanno manifestando in laboratorio diversi segni in qualche modo omologhi ai sintomi iniziali di infiammazione cronica causata dall’amianto. L’attenzione della comunità scientifica è finalizzata ora a cercare di prevenire il ripetersi di casi di intossicazione industriale ed ambientale da parte di questi nuovi materiali, prima che i dati epidemiologici, per forza di cose più lenti a manifestarsi in piena evidenza, ci mettano di fronte ad una nuova causa di patogenesi polmonare.



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