Per la prima volta è stato impiantato un pacemaker stimolatore in un paziente affetto da ipertensione arteriosa resistente ai farmaci. L'intervento è stato effettuato ieri dal professor Alessandro Ducati (direttore della Neurochirurgia universitaria dell'ospedale Molinette di Torino), in collaborazione con il professor Franco Veglio (direttore del reparto di Medicina Interna 4 e del Centro Ipertensione arteriosa del suddetto ospedale), su una paziente di 50 anni di Torino ipertesa, che stava assumendo più di 12 farmaci diversi antiipertensivi con valori della pressione medi di 250/140 mmHg.
La tecnica prevede l'impianto di uno stimolatore sottocute (come i comuni pacemaker) e due elettrodi posti nel collo intorno alla biforcazione delle arterie carotidi. La stimolazione di questi siti ha come obiettivo la riduzione della pressione arteriosa. Nella terapia non farmacologica dell'ipertensione arteriosa resistente è nuovissima questa tecnica che prevede l'attivazione dei sensori carotidei mediante un device stimolatore impiantabile, simile ad un pacemaker. Quando i barocettori si attivano inviano segnali ad altre parti del corpo (cuore, vasi sanguigni e reni) per rilassare i vasi ed inibire la produzione degli ormoni vasocostrittori. Queste modificazioni hanno lo scopo di ridurre la pressione sanguigna. La nuova metodica si propone di ridurre il livello di pressione arteriosa in casi di ipertensione resistente, in cui più farmaci si siano dimostrati inefficaci. Tale stimolatore è in grado di ridurre drasticamente la pressione arteriosa senza l'utilizzo di farmaci antipertensivi. In considerazione del fallimento della terapia farmacologica nel paziente, tale apparecchio rappresenta una ultima speranza per evitare il rischio di complicanze letali, quali ictus ed infarto.
Si apre quindi una nuova frontiera per i casi di pazienti ipertesi con impossibile controllo dell'ipertensione arteriosa con i farmaci in uso. In Italia si contano circa 20 milioni di persone affette da ipertensione arteriosa, delle quali un abbondante 5% di ipertensione arteriosa resistente alle terapie farmacologiche.
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