ROMA - Staminali adulte per riparare i danni al cuore. Recupero dopo l’infarto con il trapianto autologo grazie a cellule cresciute in particolari condizioni fisiche. Uno studio dell’Inmm-Cnr, pubblicato su Cardiovascular Research, dimostra come la medicina rigenerativa offra un’alternativa terapeutica per la cura del miocardio. L'infarto del miocardio è una sindrome che colpisce la parete muscolare del cuore - riporta il sito Internet del Consiglio nazionale delle ricerche -, determinandone la morte cellulare.
Il trattamento farmacologico e quello chirurgico fino a pochi anni fa rappresentavano l’unica strategia terapeutica. Oggi la medicina rigenerativa offre una valida alternativa ai tradizionali metodi di cura. A evidenziarlo i risultati di uno studio condotto dall’Istituto di neurobiologia e medicina molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Inmm–Cnr), insieme all’Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro (Ispesl) e all’Università di Roma “La Sapienza”.
«Il nostro lavoro ha dimostrato che è possibile agire sulla crescita e sul differenziamento delle cellule - hanno spiegato Settimio Grimaldi e Antonella Lisi dell’Inmm–Cnr -, attraverso minime manipolazioni in vitro, esponendole a campi magnetici in grado di indurre variazioni intracellulari nella concentrazione dello ione calcio e soprattutto senza dover ricorrere a trattamenti chimici, farmacologici o genetici».
La tecnica consente, infatti, di isolare e coltivare in vitro le cellule staminali cardiache endogene o adulte, a partire da campioni di biopsie atriali e/o ventricolari, risolvendo così tutti quei problemi collegati al numero di cellule sufficiente per consentire il trapianto. Nell’ambito di questa ricerca è stato utilizzato un precedente brevetto Ispesl–Cnr (WO/20077004073A2) per la coltura, la crescita e il differenziamento delle cellule staminali adulte, rendendone possibile l’utilizzo anche nella medicina rigenerativa.
«Il vantaggio offerto da questo brevetto sta nel raggiungimento in un tempo breve», continuano i ricercatori, «di un aumento sia della proliferazione sia del differenziamento cellulare. Infatti è possibile ottenere, dopo pochi giorni di trattamento, un adeguato numero di cellule staminali che esprimono i marcatori del differenziamento cardiaco. Le cellule così differenziate, se trapiantate nel cuore danneggiato, possono ridurre i danni provocati dall’infarto. Inoltre il trapianto può essere anche di tipo autologo: le cellule staminali possono essere prelevate direttamente dal paziente per poi reimpiantarle successivamente, senza l’intervento di un donatore esterno, ovviando così a problematiche legate al rigetto».
Le malattie cardiovascolari restano la principale causa di morte nel nostro Paese con il 44% della totalità dei decessi: al primo posto la cardiopatia ischemica con il 28% e al terzo gli accidenti cerebrovascolari con il 13%, subito dopo i tumori.
Eventi che, quando non sono letali, rappresentano un’importante causa di disabilità, con ricaduta diretta sia sul malato che sulla famiglia e l'intera comunità.
«Ogni anno si spopola una città per le malattie del cuore. E, chi sopravvive ad un attacco cardiaco diventa comunque un malato cronico. Il 23,5% della spesa farmaceutica italiana, pari all’1,34% del prodotto interno lordo, è destinata a farmaci per il sistema cardiovascolare (Relazione sullo stato sanitario del Paese 2000)», conclude Grimaldi.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Cardiovascular Research, rivista scientifica internazionale dell’Oxford Journal, nell’articolo ‘Differentiation of human adult cardiac stem cells exposed to extremely low-frequency electromagnetic fields’.
In futuro gli autori si propongono di validare il sistema anche sulle cellule staminali di diversa origine tissutale.
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