ROMA - Il New England Journal of Medicine ha pubblicato il primo studio multicentrico comparato per valutare una nuova pillola dotata di telecamera, che presto potrebbe sostituire il fastidioso esame colonscopico per verificare lo stato di salute del nostro intestino.
La colonscopia ora va giù con un bicchier d’acqua. Il cancro del colon è il terzo tumore più frequentemente diagnosticato (dopo quello al polmone e quello alla prostata).
Il principale strumento preventivo è quello di fare uno screening a tutti i cinquantenni per verificare le condizioni dell'ultima parte dell'intestino e prevenire le eventuali malattie.
«Il problema - spiega Cristiano Spada dell'Unità operativa di Endoscopia Digestiva chirurgica del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma, diretto dal professor Guido Costamagna - è che il tipo di esame che si usa in questi casi, la colonscopia, in genere è molto fastidioso e a volte anche doloroso. Per questo solo una piccola percentuale dei cinquantenni si sottopone a questa analisi, che invece dovrebbe essere di routine perché è molto importante per scoprire per tempo lesioni e polipi che potrebbero degenerare in malattie più gravi».
Ma oggi in aiuto di medici e pazienti arriva la videocapsula per lo studio del colon: una vera e propria pillola, contenente due telecamere, due sorgenti luminose e un'antenna, e per ora prodotta da una sola azienda nel mondo. È lunga 31 mm, ha un diametro di 11 mm, è ingeribile, proprio come una normale pillola, e percorre tutto il tratto intestinale.
«Per la prima volta - afferma Guido Costamagna, che assieme a Cristiano Spada, Maria Elena Riccioni e Lucio Petruzziello, firma l'articolo uscito sul prestigioso New England Journal of Medicine a nome del Policlinico Gemelli, unico centro italiano coinvolto nello studio multicentrico -, sono stati studiati più di 300 pazienti in tutta Europa per verificare l'efficacia di questo nuovo strumento diagnostico.
E i risultati sono davvero incoraggianti: sicuramente c'è ancora da lavorare, ma già oggi riusciamo a identificare le più importanti patologie che possono colpire il colon».
Ma come funziona questa pillola?
«Proprio come si può immaginare - descrive Costamagna -: si ingerisce con l'aiuto di un bicchiere d'acqua. Dopo un paio di minuti la capsula si spegne per risparmiare le batterie e si riattiva dopo un'ora e tre quarti, giusto il tempo - come abbiamo verificato - per arrivare all'intestino tenue, che è a monte del colon.
A quel punto inizia a inviare 4 immagini al secondo a un piccolo ricevitore che il paziente porta con sé. Grazie alle due telecamere, riusciamo a vedere e studiare le pliche della mucosa guardandole davanti e dietro.
Normalmente al termine delle dieci ore, il tempo di durata delle batterie, la pillola è stata già espulsa: in questo modo siamo sicuri di non perdere nessuna parte del colon».
Naturalmente, proprio come accade per una colonscopia, prima di assumere la videocapsula bisogna fare una preparazione speciale.
Questa consiste, in sostanza, in una “pulizia” profonda dell'intestino per consentire alle videocamere di vedere la superficie della mucosa.
«Il paziente assume alcune sostanze sciolte in abbondante acqua. In questo modo, oltre alla pulizia, si ottiene di riempire il colon di liquidi trasparenti che lo distendono di modo tale che la nostra capsula si muova proprio come farebbe un sottomarino.
Inoltre la preparazione prevede anche farmaci che stimolano il movimento del colon per favorire lo scorrimento della capsula», spiega ancora Spada.
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